Trentasei anni dopo la morte dell'ultimo esemplare autoctono, tre soggetti asinini con caratteristiche simili all'80 per cento sono stati reintrodotti nell'isola grazie al progetto della Regione Sicilia.
"U scecco", in dialetto, è un asino originario dell''isola di Pantelleria (noto già nel 1° secolo a.C.), è sempre stato molto importante per l’economia locale e rinomato al punto di essere ricercato da allevatori stranieri, mercanti e produttori di muli. L’origine della razza è dovuta ad incroci tra soggetti di razza africana e soggetti siciliani provenienti dal ragusano.
Grande camminatore, oltre alla sicurezza del passo su tutti i terreni, riusciva a mantenere alte le medie di percorrenza. Straordinario ambiatore, nel lavoro ordinario poteva sostenere per qualche ora al tiro leggero l’andatura di 15 km l’ora e molto utilizzato come cavalcatura comoda e rapida su tutti i terreni, tanto da essere di gran lunga preferito al cavallo, soprattutto dalle contadine che, grazie alla particolare andatura, potevano montare all'antica amazzone senza perdere l'equilibrio.
L’ultimo esemplare scomparve nell' ormai lontano 1985. Trentasei anni dopo, l’asino pantesco è tornato a casa. Nel 2021, tre femmine sono arrivate al Parco nazionale di Pantelleria, nell’ambito di un progetto di reintroduzione della Regione Siciliana. Successivamente introdotto un maschio, per avviare il ripopolamento della specie nell’isola. Non un miracolo, ma il risultato di un paziente lavoro di recupero cominciato alla fine degli anni Ottanta, come racconta Andrea Biddittu, biologo del Parco. “L’impegno di allevatori e scienziati è stato straordinario, ha permesso di ottenere un animale con caratteristiche simili per circa l’80 per cento all’originale”. Tanto da ottenere l’iscrizione al Registro anagrafico per le razze e popolazioni equine, sottolinea l’esperto. “In futuro, tornando a calcare le strade dell’isola, la popolazione di asini potrebbe selezionare spontaneamente esemplari sempre più simili all’originale”.
Le caratteristiche dell’animale
A plasmare la razza, infatti, sono state proprio le peculiarità geofisiche dell’isola di Pantelleria. “Un territorio difficile, di origine vulcanica, caratterizzato da strade ripide e impervie che hanno forgiato la struttura fisica dell’asino”, spiega Biddittu. E anche quella caratteriale, vista la natura “particolarmente docile” dell’animale.
Gli studiosi hanno evidenziato l’andatura sicura, “difficilmente eguagliata in velocità dalle altre razze asinine”, ma anche la capacità di trasportare “carichi pesantissimi lungo i sentieri dell’isola”. Particolarmente robusti e longevi, gli asini erano “molto apprezzati anche all’estero”. In particolare a scopo riproduttivo.
Le insidie del progresso tecnologico
Per le sue caratteristiche peculiari, infatti, l’asino pantesco poteva essere utilizzato in molti ambiti. “Si tratta di un animale nato per il lavoro, utilizzato in agricoltura, in edilizia e nei trasporti”, dice il biologo. Un tempo, quasi tutte le case pantesche avevano una stalla per l’asino, “che grazie al suo carattere diventava a tutti gli effetti un membro della famiglia”. La popolazione nell’isola raggiungeva le 1000/1500 unità, permettendo persino di esportare l’animale per “irrobustire” le altre razze siciliane e italiane. La sua fortuna, spiega Biddittu, iniziò a venir meno con l’arrivo della tecnologia. “Il progresso è stato fatale all’asino di Pantelleria. L’agricoltura venne meccanizzata, le automobili, un tempo rare, iniziarono ad aumentare”. L’animale un tempo indispensabile venne sostituito da nuovi mezzi più rapidi ed efficaci. Un declino culminato con la dichiarazione di estinzione, nel 1985.
Il progetto (riuscito) di recupero
Quasi subito, per fortuna, iniziò il processo di recupero. A tutelare la razza, a partire dal 1989, è stato l’allevamento pilota “San Matteo” di Erice, con la collaborazione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale per la Sicilia e della facoltà di Medicina veterinaria di Milano. La struttura è riuscita a ricostruire il patrimonio genetico della specie “attraverso una serie di incroci selettivi e grazie anche all’applicazione di particolari tecniche come il trasferimento embrionale”, come si annovera negli annali dell’Istituto per l’incremento ippico. Un lavoro certosino che ha permesso di ottenere la nuova iscrizione al Registro anagrafico. Attualmente, l’allevamento di Erice conta diverse decine di esemplari. A partire da quest’anno, alcuni di essi hanno fatto ritorno a Pantelleria. “Speriamo che in futuro, con l’arrivo del maschio, possa rinascere una popolazione autoctona”.
Da mezzo di lavoro a risorsa turistica
I benefici per l’isola, assicura il biologo, potrebbero essere non indifferenti anche sul piano economico. “Certo, oggi il ruolo dell’asino è stato preso dalle macchine. Questa specie, però, è nata per lavorare, quindi per non perdere le sue caratteristiche dovrà trovare un nuovo utilizzo”. Un’idea potrebbe essere quella dell’impiego ad esempio nelle fattorie didattiche o in altri progetti di taglio educativo. “Il carattere mite è una delle caratteristiche peculiari di questo animale. Le prospettive possono essere le più disparate, sempre nel pieno rispetto del benessere..
I progetti della Regione siciliana
Intanto gli interventi della Regione Siciliana per il rafforzamento della specie non si fermano. L’ultimo risale al 2020, con lo sblocco di un finanziamento del Piano regionale di sviluppo rurale 2014-2022. Circa tre milioni e mezzo di euro per gli allevatori di razze autoctone in pericolo d’estinzione, dai bovini di razza cinisara e modicana al cavallo sanfratellano, fino al suino nero siciliano. A partecipare, oltre cinquemila allevatori da ogni parte dell’isola. Il contributo maggiore è assegnato proprio all’asino di Pantelleria, con 500 euro a capo. C’è anche la manifestazione di interesse, lanciata nei mesi scorsi, per cedere in comodato d’uso diciotto esemplari, tredici maschi e cinque femmine. A poter chiedere l’affidamento enti pubblici e privati, anche del Terzo settore, senza fini di lucro.
Non solo Erice e Pantelleria
L’idea è quella di stimolare l’allevamento della specie anche al di fuori degli ambiti attuali. Oltre all’allevamento pilota di Erice, che ospita il numero maggiore, altri esemplari di asino pantesco si trovano nella tenuta di Ambelia, a Militello in val di Catania, gestita dall’Istituto per l’incremento ippico. La struttura ospita altre specie rare, tra cui il purosangue orientale e l’asino ragusano. "I riflettori, però, sono puntati sul futuro della mini-colonia impiantata a Pantelleria che potrebbe recuperare uno dei suoi simboli, facendone un motore di sviluppo per i prossimi anni" - conclude il biologo.
fonte: FOCUS SICILIA