Cavalli ostaggio delle contraddizioni umane, tra falso NON DPA e falso DPA, in assenza di misure di coerenza con il destino ultimo.

Come mai la maggior parte dei cavalli allevati per sport, ricreazione e terapia, finisce abusivamente al macello?

Da qualche parte i NON DPA dovranno pure finire, e di certo non se li tengono la maggior parte dei proprietari, la parte agonistica e fraudolenta dei quali, dopo aver somministrato ai cavalli ogni genere di diavoleria esistente in commercio per potenziare le prestazioni, senza dover tracciare i farmaci, un chiaro regalo CONTRO la tutela degli equini, perché i farmaci inibitori del dolore portano il cavallo a performare contro la propria incolumità, SE NE SBARAZZANO SENZA PENALITA' , altro regalo all'inconsistenza della tutela equina in Italia, perché quei cavalli finiscano nelle pance degli italiani.

Verità scomoda, ma che va diffusa, per la tutela degli equini e per la tutela degli italiani che hanno diritto a sapere cosa mangiano.

Non va meglio sul versante dei DPA che corrono negli ippodromi, o fanno vita agonistica nel circuito sportivo, cui è improbabile che i proprietari non somministrino farmaci vietati, e chi glielo impedisce, in assenza pressoché assoluta di controlli antidoping negli allevamenti da parte delle autorità sanitarie?

Come risolvere questo problema? Con le misure di coerenza per il destino ultimo, quale sia stato scelto. Ovvero:

  • controlli frequenti agli allevamenti di cavalli DPA dove gli equini fanno agonismo
  • obbligatorietà a rispondere del destino ultimo per i proprietari di cavalli NON DPA

Purtroppo viviamo in un paese di ipocriti e di ignoranti volontari, dove per non ledere gli interessi economici dell'industria del cavallo per sport, svago e lavoro, le istituzioni preferiscono il regime dell'ampia tolleranza e della pochezza di controlli, anche se questo non va nella direzione della protezione dei consumatori di carni equine, che avrebbero diritto ad una maggiore tracciabilità e trasparenza dell'alimento che si mettono nel piatto, e non va neppure nella direzione della tutela dei cavalli.

Intanto a rimetterci sono:

  • i cavalli, che finiscono circa tutti al macello, checché dica il loro passaporto
  • la credibilità dell'industria equina, che dei cavalli se ne frega, vive sulla loro pelle e non sostiene minimamente la tutela equina, avvertita contro i propri interessi

Non esistono fondi per salvare i cavalli in Italia, né pubblici, né ahimé privati. I primi a non finanziare la tutela equina sono gli enti ippici ed equestri, le aziende del settore, e infine i fruitori di cavalli. Lo stato fa loro eco, nel disinteresse generale di un paese privo di cultura equestre e di empatia per i cavalli.