Tribunale Civile di Torino. Un maniscalco avrebbe contrastato la più grande passione della figlia adolescente impedendole di continuare a praticare equitazione a causa della separazione dalla madre della ragazza. L'adolescente, ora adulta, avrebbe voluto fare dell'equitazione il lavoro della vita. C'è anche questo tra le accuse mosse a un 65enne processato a Torino per violazione degli obblighi di assistenza familiare.
L'uomo, un maniscalco, prima di separarsi dalla moglie aveva acquistato una scuderia nel Torinese. In base agli accordi presi nel 2014 al momento del divorzio avrebbe dovuto versare 500 euro al mese e permettere alla figlia, che praticava l'equitazione anche a livello agonistico, di continuare a praticare equitazione quando voleva. Accordi che però non sarebbero stati rispettati.
Una delle richieste presentate dall'avvocato di parte civile per conto della figlia del maniscalco, è di ottenere un risarcimento per il danno causato da 'perdita di chance'.
"Fin da piccola - ha detto la ragazza, ora ventottenne - cavalcare mi è stato molto facile. Lui aveva sempre detto che aveva preso la scuderia per me. Poi però conobbe una veterinaria che andò a stabilirsi con lui. Da allora, anche se per raggiungere la scuderia (a circa 60 km da casa - ndr) dovevo prendere due treni, non solo dovevo avvisare, ma non mi veniva permesso di montare sul mio cavallo. Vederlo cavalcare da altri era una sofferenza".
"La mia ultima gara la feci a 17 anni ad Alessandria - ha detto fra le lacrime - e l'amica di papà mi disse che lui non sarebbe venuto a prendermi perché ero troppo grande per trascorrere la notte con lui. Fu un'allusione così schifosa che lasciai l'equitazione. Per anni non sono più riuscita nemmeno ad avvicinarmi a un cavallo: anche solo guardarne uno mi faceva stare male".