Bisogna dare credito che ci sono stati miglioramenti in Fieracavalli dallo scorso anno su questioni importanti. Se l' Edizione 2022, dal punto delle criticità sul fronte tutela equina, era stata caratterizzata dalla vasta presenza di cavalli magri, dall'incidente mortale di Tango, scivolato su una superficie sdrucciolevole, dalla presenza di alcuni equini passeggiati con catene in bocca, altri con pastoie dentro al box, quest'anno i problemi di sicurezza e quelli più grossolani di benessere del cavallo sembrano fortunatamente risolti.

L'Edizione 2023 si è caratterizzata, invece, con il trionfo della quantità sulla qualità degli appuntamenti e spettacoli: rollkur a ruota libera, cavalli zoppi persino al Gala, e diversi convegni che hanno scontentato il pubblico per la pochezza di relatori e banalità degli interventi rispetto ai temi esposti e alle criticità che vive la filiera del cavallo.

Il punto è, basta apparire? O sarebbe meglio maggiore selezione, anche auto selezione da parte degli espositori/proprietari/atleti/operatori, per offrire all'interno del contesto una qualità degna del prezzo che si paga (elevato) per presenziare?

Esempio, pago 5 euro per andare ad una sagra di paese, mi aspetto uno spettacolo da 5 euro. Ma con quello che si paga per Fieracavalli, tra trasferta, ingresso, pasti, spettacoli a pagamento (come il gala), l'aspettativa è più elevata rispetto allo show della sagra di paese.

Il problema sembra essere che viviamo in un mondo di apparenza. Apparire ha una valenza maggiore che l’essere. Diciamocelo, alcuni eventi/esibizioni/situazioni di Fieracavalli 2023 sono stati imbarazzanti per chiunque abbia cultura, consapevolezza e coscienza. Ma la filiera sembra votata alla cecità volontaria,  innocua ed efficiente: quella che aiuta nelle relazioni sociali quando si fa finta di non vedere un problema o quando ignorarlo può facilitare le pubbliche relazioni o il commercio.

Ma questo meccanismo che ci rende ciechi di fronte ai problemi evidenti diventa pericoloso alla lunga, perché ci abituiamo a usarlo per negare delle verità scomode, che invece richiedono ed esigono riconoscimento, dibattito, azione e cambiamento. Ecco quindi spiegato il perché di atteggiamenti e prassi comuni nel mondo del cavallo, che sono universalmente accettate nonostante abbiano portato e continuino a portare a conseguenze negative.

Ma il fatto che la cecità volontaria sia così diffusa non significa però che sia inevitabile. Encomiabile il manifesto di Marco Pagliai e la sua scuola di addestramento etologico, benché privo di brandizzazione, affisso in ogni dove, sull'aprire gli occhi al disagio del cavallo e cominciare un pò a vincere la cecità e ignoranza volontarie.

 

Consci di come opera la cecità volontaria, permettendo alle persone  di non uscire dalla loro zona di comfort, possiamo cercare di boicottarla offrendo lumi per una maggiore consapevolezza che migliora non solo la tutela e il benessere del cavallo, ma anche la percezione della filiera da parte del pubblico.

Il coraggio di guardare rivela la fragilità della cecità volontaria: possiamo credere di essere maggiormente al sicuro restando ciechi, ma in realtà siamo più vulnerabili nel lungo periodo. Non solo siamo maggiormente a rischio di finire nel calderone della critica, nella generalizzazione degli abusatori o degli usa gettisti seriali di cavalli, ma i nodi vengono al pettine.

Un esempio su tutti, quello dell'ippica, che per tanto tempo ha rigettato le critiche, facendosele rimbalzare addosso, preferendo vivere di assistenzialismo senza affrontare le criticità per una sostenibilità maggiore, finendo per trovarsi in una crisi strutturale drammatica.

Quando affrontiamo i fatti e le paure, raggiungiamo il vero potere e liberiamo la nostra capacità di cambiare. 

Quest'anno l'ippica si è messa in gioco, i risultati non sono stati apprezzati da tutti, perché mancava la base ippica, non informata abbastanza in anticipo dei convegni che ci sarebbero stati. Pochi anche i relatori ad alcuni convegni che invece si sarebbero prestati all'esigenza di una tavola rotonda più allargata.

L'equitazione invece non ha neppure provato a mettersi in gioco con argomenti spinosi da affrontare.

Ma torniamo alla cecità volontaria. Prendiamo per esempio Tik Tok, alcuni dicono che è il social della vanagloria, dove chiunque può atteggiarsi a star senza avere particolari talenti.

Ma cosa succede se si traspone il modello Tik Tok ad una fiera di cavalli? Che il qualunquismo senza talento diventa show. Ecco allora il proliferare di dimostrazioni con cavalli senza senso alcuno, che non hanno nulla da insegnare e dove non c'è nulla da applaudire, ma sono solo la messa in scena di equestri mediocri con cavalli in rollkur, imboccature e finimenti da bondage. A ciò si sono aggiunti appuntamenti che avrebbero dovuto essere culturali e di confronto aperto, ma con platea vistosamente assente, e che hanno tradito come l'organizzazione e promozione degli stessi sia stata probabilmente frettolosa e poco accurata.

Complimenti comunque a Nicole Cereseto, "influencer" equestre sui social, il cui stand è stato il più gettonato di tutti, con la fila delle persone pur di poterla conoscere e farsi una foto con lei da postare sui social media.

In conclusione, la quantità degli eventi nelle varie arene/padiglioni, sembra essere stata la cifra dell'edizione 2023, che ha surclassato la qualità degli eventi stessi, in un'edizione incentrata sul narcisimo allo sbaraglio.

Si potrebbe concludere, chi se ne frega... ma se si facesse questo, si condannerebbe la fiera ad avere sempre meno spettatori, perché pochi sono disposti, di questi tempi, a spendere fior di quattrini solo per vedere cose che si vedono gratis sui social, comodamente dal divano di casa. I risultati di questa politica del "more for less", si sono visti, a nostro avviso, nell'affluenza, che ad occhio, senza conoscere il "totalizzatore" degli ingressi, sembra siano di minor pubblico.